Intervista al milanese Alberto M. Villa, Consigliere dell’ASDEC (Associazione Scafi d’Epoca e Classici) e vicepresidente della Fondazione Museo della Barca Lariana di Pianello Lario, sul Lago di Como. Recentemente ha acquistato UFO, un motoryacht modello Riva Caribe 42 del 1980, sottoposto a restauro integrale presso la Nautica Casarola, sul Lago di Garda. Quanto realizzato può diventare un riferimento per tanti armatori che si apprestano a recuperare scafi in vetroresina di questo tipo. Ma le barche realizzate con questo materiale diventeranno mai “d’epoca”?
Chi è Alberto M. Villa?
Sono uno dei tanti milanesi, classe 1961, che nonostante la lontananza dal mare ha sempre navigato su scafi a vela e a motore, anche in acque in interne, soprattutto sul Lago di Como, dove nel 1973 la mia famiglia ha costruito una casa che abbiamo frequentato e amato per oltre trent’anni. Nella vita professionale, dopo la laurea in Economia e i primi anni di lavoro in una società americana di consulenza, ho operato a livello imprenditoriale nel settore agroalimentare, dell’energia e immobiliare, mia principale occupazione attuale. Dal 1990 sono socio ASDEC, Associazione Scafi d’Epoca e Classici, storico sodalizio fondato nel 1987 all’interno del quale ricopro la carica di Consigliere.
Sappiamo che è sempre stato legato al Museo della Barca Lariana di Pianello Lario.
Sì, conosco e frequento il Museo da tanti anni, avendo avuto la fortuna di incontrare e stringere amicizia con il suo fondatore, il milanese GianAlberto Zanoletti, scomparso nel 2019 all’età di 76 anni. Ho pertanto affiancato GianAlberto e successivamente suo figlio Ferdinando nello sviluppo e valorizzazione del Museo, frutto di anni di incredibile e lungimirante opera di raccolta da parte della Famiglia Zanoletti, fino alla attuale creazione della Fondazione, di cui sono Vice Presidente, e alla conseguente riapertura al pubblico avvenuta a luglio 2018. Il Museo, posto all’interno di un’antica filanda dell’800, ha raccolto e salvato dalla distruzione oltre 400 barche, ed è tutt’ora in fase di sviluppo, con la prossima creazione di nuovi spazi espositivi e ricettivi. E’ probabilmente, nel suo genere, la più importante raccolta al mondo
Facciamo un passo indietro. Come è nata la passione per la nautica tradizionale?
Ho iniziato a navigare da ragazzo sul Lago di Como: una passione innata, generata presso il Cantiere Colombo di Menaggio, di cui mio padre è stato per alcuni anni consulente amministrativo, e dove ammiravo magnifici scafi Riva e Colombo. Lì mio padre acquistò un Riva Bertram, sul quale ebbi un battesimo piuttosto traumatico: poco distante dalla riva di Cadenabbia, un tardo pomeriggio del mese di agosto del 1973, per motivi sconosciuti, il motore scoppiò e la barca andò a fuoco, costringendoci a salvarci guadagnando la riva a nuoto! Non dissuaso dall’attrazione della navigazione sul lago, ripresi a navigare su una splendida Lucia in legno del Maestro d’Ascia Mario Leoni di Lenno, e successivamente su una Pilotina in vetroresina del Cantiere Tripesce, per poi passare alla vela, su una Star di Lillia, quindi su un 5.50 SI in legno (restaurato in due fasi presso il Cantiere Leopoldo Colombo), e infine su Dulcinea, magnifica Lancia Inglesina in legno del 1920 fatta costruire da mio Bisnonno Isaia Volontè dal Cantiere Taroni, restaurata in due fasi dal Cantiere Leopoldo Colombo e dal Cantiere Matteri e recentemente donata al Museo Barca Lariana. Lasciato il Lago, e acquistato una casa con mia moglie nella pineta di Arenzano, ho acquistato nel 2012 un Bertram 31 Sport Fisherman del 1973, che ho fatto restaurare a Genova dal Cantiere Genoa Sea Service, e col quale ho partecipato ad alcuni raduni di American Classic Yachts e ho fatto alcune crociere nel Mar Ligure, in Francia e nel Mar Tirreno. Ultimamente ho restaurato un Taxi Veneziano, oggi gestito da Como Classic Boats, e l’ultimo esemplare prodotto del Comitti Alassio in legno.
Cose ne pensa delle barche in legno?
Nonostante lo sviluppo della nautica moderna e di materiali alternativi, come la vetroresina o i cosiddetti compositi, il legno non è mai scomparso. Basti solo pensare che ancora oggi gli interni delle imbarcazioni sono quasi interamente realizzati con il più nobile dei materiali. Le barche in legno, e anche le tecniche per realizzarle, non scompariranno mai. Sono parte integrante della storia dell’uomo, anche se purtroppo ogni anno vecchi scafi vengono demoliti per l’impossibilità di poterli recuperare.
Però un bel giorno vi siete fatto tentare dalla vetroresina …
Sì. UFO è stata la mia quarta barca in vetroresina. Si tratta di un motoryacht modello Riva Caribe 42 del 1980, lungo 12 metri, acquistato ad Olbia in seguito ad un annuncio privato. Lo si potrebbe definire uno sport cruiser con il flybridge, un motoryacht aperto senza paratie divisorie in pozzetto e con un open-space sottocoperta. È uno scafo in grado di garantire crociere sicure in mare aperto, con prestazioni tutt’oggi più che apprezzabili, in grado di navigare fra i 18 e i 26 nodi di crociera, e di superare agevolmente i 30 nodi di massima. In totale sono stati 24 i Riva Caribe prodotti, e UFO è il numero uno. Quasi tutti sono dislocati in Mediterraneo.
Dove ha navigato?
In quasi quarant’anni di vita la barca è sempre appartenuta ad un unico proprietario, ha mantenuto lo stesso nome ed è sempre stata gestita da uno stesso marinaio, anche meccanico-motorista, che ho avuto il piacere di conoscere e apprezzare in occasione dell’acquisto. Ha navigato quasi esclusivamente in Sardegna, in particolare lungo la costa nord orientale.
Dove è stato effettuato il restauro?
Presso la Nautica Casarola di Peschiera del Garda, attiva dal 1964 e una delle realtà più storiche e importanti d’Italia specializzata nel settore della motonautica. Basti pensare che il suo Presidente, Cesare Casarola, da oltre 50 anni continua ad essere uno dei più importanti dealer del mondo nel settore delle imbarcazioni Riva. Il restauro di UFO, in particolare, è stato seguito passo dopo passo da Edoardo Casarola, figlio di Cesare.
Quanto è durato il restauro?
Circa 6 mesi, da febbraio a luglio 2019. Poi la barca è stata trasferita a La Spezia e da qui ha raggiunto via mare la Sardegna. Oggi fa base in Liguria.
Quale filosofia progettuale ha animato il restauro?
Si è trattato di un restauro integrale, con il preciso obiettivo di riportare la barca allo stato di origine, intervenendo nel contempo per verificare e consolidare la struttura. Non si è trattato pertanto di un semplice lavoro di ordinaria manutenzione. La barca è stata svuotata e smontata totalmente e si è intervenuti su tutto: scafo, impiantistica, motorizzazione, serbatoi, interni. Smontati anche tutti gli oblò, i pannelli della strumentazione, l’accessoristica; aperti, controllati e aggiornati tutti i quadri e i cablaggi elettrici. E poi è stato rimontato tutto, nell’assoluto rispetto di colori, forme e materiali originali. Ripristinare l’imbarcazione come in origine ci ha consentito di farla tornare a navigare in perfette condizioni almeno per un altro ventennio. In futuro si interverrà solo per ordinarie e periodiche manutenzioni.
Può descrivere alcuni degli interventi compiuti?
Tra i primi interventi la ricostruzione quasi integrale, della struttura portante del fly. Ricostruito quasi integralmente il nuovo specchio di poppa, cui è stata appoggiata una nuova plancetta in metallo e teak a carabottino, di disegno uguale a quello originale ma di maggiore profondità rispetto alla precedente, unica variante rispetto all’originale ma più in linea con le moderne esigenze di vivibilità. Restaurate anche le panche originali del pozzetto e del piano prendisole poppiero, realizzato in compensato marino a sandwich di abete e nido d’ape. Smontate e ricostruite con materiali e colori originali tutte le cuscinerie della zona della timoneria, della dinette coperta, delle sedute e prendisole di poppa e del fly.
E per quanto riguarda lo scafo e la coperta?
Verificato accuratamente lo stato di tutto lo scafo da esperti conoscitori della linea di produzione dei Riva Bravo e Caribe, e misurati con appositi strumenti tutti gli spessori, è stata accertata una buona condizione generale dell’opera viva, ma con spessori medi minori degli standard di fine produzione (3.900 g/mq anziché 4.950 g/mq), derivante dal fatto che si tratta del primo esemplare prodotto; per maggior sicurezza, anziché intervenire aumentando gli spessori, si è quindi optato per inserire due strutture trasversali aggiuntive all’interno dello scafo in resina ortoftalica, rinforzando nel contempo i pattini longitudinali dall’esterno mediante resina vinilestere. In questo modo si è ottenuta la massima robustezza senza inutili aggravi di peso. Le imperfezioni della vetroresina sono state evidenziate tramite la posa di una speciale polvere di colore arancione, in grado di rilevare spaccature e fessurazioni. Ai lati dei prendisole è stato asportato il vecchio gelcoat screpolato ed eseguita una nuova laminatura in vetroresina, seguita dalla posa del nuovo gelcoat, poi carteggiato e spianato in vista della verniciatura. Su tutte le parti chiare, in esterni, coperta e fly, sono state posate 2-3 mani di base opaca, seguita da 3 mani di trasparente bicomponente, premessa alla carteggiatura e lucidatura.
Gli interni?
Sottocoperta si è proceduto alla riverniciatura delle parti lucide, preceduta dalle operazioni di carteggiatura, stuccatura e dalla posa di un fondo bicomponente. Tre le mani di vernice bicomponente applicate, marca Lechler di colore blu navy, perfettamente corrispondente all’originale. Sempre in interni si è proceduto allo smaltimento delle vecchie tappezzerie del cielo della dinette e alla carteggiatura per eliminare i residui delle vecchie colle in preparazione dell’applicazione della nuova tappezzeria. È stato smontato l’arredo in compensato marino della cucina e si è proceduto alla riverniciatura come da originale di tutte le ante, in colore blu navy. Installati nuovi cielini in stoffa nella cabina prodiera e nel quadrato, un nuovo motore del wc elettrico, il boiler dell’acqua calda e la vasca per le acque bianche della doccia, della capacità di circa 15 litri. Anche tutte le pareti e il mobile del bagno sono stati riverniciati come da originale, in colore blu navy.
Altri interventi minori?
La posa di nuovi tappetini antisdrucciolo sui bordi esterni del pozzetto di poppa e lungo i due passavanti laterali, la sostituzione della struttura centrale del cruscotto del flybridge, la revisione del generatore, la sabbiatura dei tientibene, la revisione del pistone della timoneria idraulica, lo smontaggio e la pulizia con l’acido dei pistoni dei flap perché bloccati dal calcare, il ricondizionamento dei tubi e delle raccorderie, la ricostruzione del parabrezza superiore in forma e tinta originali. La sostituzione di alcune luci di cabina, dei tergicristalli, di targhette e cappucci, delle guarnizioni degli oblò, degli sfiati per i serbatoi, degli scarichi delle pompe di sentina, dell’aspirazione del gruppo elettrogeno. Per quanto riguarda l’ancora si è scelto di installare un modello Ultramarine da 16 chilogrammi in acciaio, con 75 metri di catena di sezione 8 millimetri. Nuovo anche il salpancore, identico all’originale, il musone dell’ancora, alcune leve dell’acceleratore e dell’invertitore (altre sono state ripulite e dotate di nuovi pomoli in plastica identici agli originali), ricondizionati e rivestiti di nuovo i volanti originali Riva, aggiunti gli strumenti ecoscandaglio e contamiglia originali Riva, sostituite le cerniere, le pompe, i ricambi filtri gasolio, inserita una nuova piastra a induzione per la cucina. Ricostruito il meccanismo attraverso il quale si può bloccare e sbloccare il prendisole scorrevole del pozzetto, totalmente smontato, in parte ricondizionato e riverniciato come da originale.
E per quanto riguarda la motorizzazione e l’impiantistica?
UFO monta due propulsori Cummins da 374 hp l’uno, mod. NS6 BTA, che avevano sostituito nel 2006 i precedenti Cummins da 320 hp l’uno originali del 1980, e che al momento dell’acquisto di UFO avevano totalizzato meno di 300 ore di moto; i motori sono stati sbarcati e completamente revisionati e certificati a ore zero dalla Cummins di Portogruaro, in provincia di Venezia. Il vantaggio di questi due propulsori, che hanno permesso di mantenere tutta l’impiantistica e la strumentazione originale marchiata Riva (a sua volta completamente revisionata), è rappresentato da un rapporto peso / potenza nettamente favorevole, oltre che da una meccanica molto più aggiornata. Prima della loro re-installazione si è proceduto alla verniciatura integrale del vano motore e di tutto il pagliolato interno originale, e alla posa delle nuove pannellature antirombo per l’insonorizzazione. I serbatoi del gasolio sono quelli originali Riva datati 1979, entrambi da 450 litri l’uno. Sbarcati e completamente lavati, in alcuni punti si è proceduto alla loro riparazione tramite saldature. Poi sono stati riverniciati con vernice a base di resina epossidica trasparente specifica per metalli. Identico trattamento è stato adottato sui serbatoi dell’acqua da 180 litri l’uno. Per quanto riguarda l’impiantistica è stato recuperato circa il 40% del totale dell’impianto elettrico, il 20% dell’impianto elettrico motore e il 70% dell’impianto elettrico del cruscotto; è stato mantenuto e restaurato il quadro elettrico generale.
Dopo il varo quali sono state le prestazioni di UFO in termini di velocità e marinità?
La prima prova in acqua è stata compiuta in data 17 luglio 2019, con partenza dalla sede di Lazise della Nautica Casarola, sul Lago di Garda. UFO ha raggiunto circa 32 nodi di velocità a 2900 giri, dimostrandosi leggera, silenziosa e maneggevole sull’acqua, con risposte immediate ai comandi, senza vibrazioni o fumosità. A 2000 giri ha navigato a 16 nodi (crociera economica), a 2300 giri ha navigato a circa 20 nodi e a 2600 giri a 27 nodi (crociera veloce). Nella prima uscita in mare, abbiamo affrontato il trasferimento in giornata da Bocca di Magra ad Olbia, con le prime quattro ore di navigazione con vento contrario e un’onda di prua di un metro e mezzo affrontata senza problemi a 15 / 16 nodi di velocità: governando dalla postazione interna, UFO ha sempre trasmesso sensazioni di grande solidità, con elevati margini di potenza e sicurezza.
E per quanto riguarda l’autonomia di navigazione?
Stimo circa 200 miglia a 22 nodi di crociera.
Possiamo fornire dei riferimenti economici?
Sicuramente posso affermare che tra l’acquisto dell’usato e i costi sostenuti per il restauro è stato speso circa il 60% rispetto all’acquisto di una barca nuova con queste caratteristiche e di pari lunghezza. E con il vantaggio che il suo valore nel tempo, a restauro terminato e in virtù della rarità, potrà ulteriormente rivalutarsi. Il tutto grazie alle sue linee e all’attualità del suo progetto, che la rendono perfettamente godibile e allineata alle esigenze del diportista moderno.
Cosa pensate abbia rappresentato questo restauro?
Innanzitutto un esempio di come sia possibile recuperare imbarcazioni in vetroresina di 40 anni di età, assicurandone la navigabilità e godibilità per almeno un altro ventennio. Oggi UFO si presenta in perfetto stato, sia per quanto riguarda lo scafo, l’attrezzatura di bordo, l’impiantistica e la motorizzazione. Ma soprattutto è stata salvata una barca entrata di diritto a fare parte della storia della nautica da diporto, grazie alla mano del suo progettista (Giorgio Barilani) e alla maestria del cantiere costruttore (Riva).
Però non è una “Barca d’Epoca” …
No, è una Barca Classica. In ASDEC si è discusso molto su questo tema negli ultimi due anni. Ci si è resi conto che oltre al mondo delle Barche d’Epoca, imbarcazioni in materiali tradizionali (legno, acciaio, alluminio) con oltre venticinque di età, esiste un “altro mondo”, quello delle barche in materiali sintetici, che, con altrettanta anzianità, possono a tutti gli effetti essere oggetto di certificazione basata sostanzialmente sugli stessi parametri (manutenzione, originalità, restauro, navigabilità, patina d’uso, importanza storica), ma con la qualifica di Barca Classica e rilascio di apposita Targa di Bronzo. Possiamo quindi affermare che oggi si è voluto attribuire un meritorio riconoscimento nei confronti di quegli scafi in materiali sintetici che per il loro particolare interesse (linee, progettista, cantiere) possono essere definiti storici e dunque essere certificati come classici e iscritti nel Registro Storico Nautico di ASDEC. A tal fine i Consiglieri di ASDEC hanno avviato un lavoro di selezione e ricerca di cantieri e modelli che possono rientrare nel novero delle Barche Classiche secondo i requisiti definiti da ASDEC.
E’ un po’ come “vorrei, ma non posso … dunque mi accontento”?
Assolutamente no! È un modo differente di considerare uno scafo storico, qualunque esso sia. La storicità non è prerogativa di un determinato materiale di costruzione, in questo caso il legno o l’acciaio, ma può esserla anche di altri materiali, tra i quali la vetroresina. E ASDEC, sulla base della sua lunga esperienza, ha per prima individuato i criteri sulla base dei quali poter certificare la barche in vetroresina meritevoli di tutela con la qualifica di Barca Classica.
Quali vantaggi offre l’ASDEC agli associati armatori di barche come UFO?
L’entrare a far parte di una vera famiglia di appassionati, condividere occasioni di incontro e di scambio di esperienze e di cultura nautica, nonché acquisire quella sensibilità utile a valorizzare e gestire al meglio la propria imbarcazione e il proprio stile marinaresco.
Quali altre certificazioni ha ottenuto UFO?
Prima ancora che una Barca Classica secondo i parametri definiti da ASDEC, UFO è uno scafo RIVA: l’aver condotto un restauro filologico con il Cantiere Casarola, da sempre importante riferimento di RIVA in Italia, è stata una scelta dettata dal rispetto della marca e del prodotto, oltre che un’incredibile occasione per rivivere la cultura produttiva e il network di competenze dell’epoca, puntualmente testimoniate dall’immutata qualità dei materiali dell’imbarcazione a distanza di tanti anni. La qualità del restauro è stata quindi premiata dall’ottenimento della Targa Carlo Riva rilasciata da Riva Historical Society (www.rivahistorical.org), di cui sono socio.
Che cosa ha rappresentato per voi questo restauro?
Il restauro di UFO può essere considerato un fantastico “laboratorio di sperimentazione” che possa contribuire ad avviare una nuova stagione di recupero di molti cruiser e open varati dai primi anni settanta fino ai primi anni novanta.
Il non breve restauro mi ha permesso di condividere con Cesare ed Edoardo Casarola molte analisi sull’imbarcazione, sulle sue tecniche di costruzione, sui relativi materiali, sulle necessarie scelte di recupero nell’ottica della ricerca della massima originalità, pur considerando ove necessario alcuni aggiornamenti tecnici e funzionali. E’ stato quindi emozionante veder via via rinascere l’imbarcazione con i suoi splendidi colori, la ripristinata qualità delle sue attrezzature e il pieno recupero delle sue straordinarie linee che uniscono l’eleganza e il dinamismo di uno scafo potente, sicuro e veloce ancora oggi. Ed è per me ogni volta emozionante viverla in ogni momento in cui prendo il mare, in occasione di uscite giornaliere o di crociere anche di lungo raggio.
INFORMAZIONI
www.asdec.it