SI E Comunico ad amici, colleghi giornalisti e conoscenti la scomparsa, all’età di 103 anni compiuti, di mia madre, Caterina Cevasco ved. Delpino, la più anziana merlettaia del Tigullio.
La recita del Santo Rosario avrà luogo questo pomeriggio, alle ore 16, presso l’Oratorio di N. S. del Suffragio di Piazza Mazzini a Santa Margherita Ligure, mentre il funerale avverrà domani mattina, martedì 17 gennaio, alle ore 10 presso la Basilica di S. Margherita con partenza alle 9.45 dall’Oratorio di piazza Mazzini.
Ringrazio anticipatamente quanti vorranno aderire al nostro dolore e pubblico di seguito un ricordo dedicato a mia madre. Nonostante l’età, per un figlio le mamme non dovrebbe morire mai.
Marco Delpino
Si è spenta all’età di 103 anni compiuti, nel ricovero “Pellerano Rainusso” a Santa Margherita Ligure, dove viveva da un paio d’anni, Caterina Cevasco vedova Delpino, conosciuta come “nonna Rina”, una delle più antiche “merlettaie” d’Italia (forse la più anziana di Liguria), che fu anche “madrina” (nel 2008) del centenario di fondazione della Pubblica Assistenza “Croce Verde” di S. Margherita Ligure.
Una lunga vita, quella di “nonna Rina”, percorsa come i grani di un rosario o, meglio, come le trine di un merletto, di uno di quei tanti che quelle sue mani hanno laboriosamente creato.
“Nonna Rina” era figlia di questa terra, in cui l’arte della lavorazione del pizzo al tombolo si perde nella notte dei tempi, addirittura all’epoca di Strabone. Un’arte che richiama il tema del mare, con quelle trame prodotte nel tempo da mani ingegnose e pazienti di madri, di mogli e di figlie di marinai, di pescatori e di contadini che scendevano proprio da quelle “creûze de mâ” cantate da Fabrizio De André nelle sue ballate che sanno di poesia e di salmastro.
“Nonna Rina” conservava ancora negli occhi, pur velati dal tempo, l’immagine della sua città di allora: una Santa Margherita silenziosa e quieta, dove, a ravvivare il folclore e la tradizione, c’erano le merlettaie. Si trovavano ovunque: agli angoli delle case, lungo le strade (quand’era bel tempo) e, sempre durante la bella stagione, sulla spiaggia a far compagnia ai loro uomini, a quei marinai che trascorrevano le ore libere che il mare gli concedeva a terra a fabbricare le reti e a tingerle color terracotta, tuffandole e rituffandole nelle caldaie fumanti, entro le quali ribolliva una conveniente quantità di corteccia d’albero per renderle più resistenti all’usura del tempo e del salino.
“Nonna Rina” era una di quelle merlettaie, una di quelle donne che, con un meraviglioso e complicato intreccio di fuselli ai quali sono avvolti i fili, seguendo e spostando abilmente gli spilli, riusciva a dar forma alla fantasia, in un disegno predisposto su una “cartina” fissata su un cuscino o “tombolo” riempito di paglia.
E, tra i tanti ricordi, belli o tristi di una vita vissuta tra due guerre, cinque tra fratelli e sorelle (padre pescatore, madre casalinga), un figlio 21enne morto, poeta e scrittore cui è intitolato il Premio Letterario Internazionale “Franco Delpino”, “nonna Rina” ricordava quella vita che valeva la pena di essere vissuta, senza paure e senza pentimenti. Un misto di gioie e di dolori per un’esistenza da trascorrere serenamente, con quella voglia, quasi, di sfidare il tempo.
Caterina Cevasco, dall’alto delle sue centotre primavere, ha continuato, sino ad ieri, ad offrirci quotidiane briciole di saggezza.