E’ l
David Beckham che prolunga di due anni con i Los Angeles Galaxy non è la solita breve di calciomercato, in mezzo ai vari ‘manca solo la firma’ e ‘blitz del ds’ con citazione del nome del ristorante, ma è l’ufficializzazione che il calcio professionistico negli Stati Uniti è diventato qualcosa di importante. Non solo a livello interno, perchè ci sono state altre epoche in cui lì il calcio è stato di moda (consigliabile la lettura di ‘Once in a lifetime’ di Gavin Newsham, storia del periodo d’oro dei New York Cosmos), ma come immagine internazionale.
Beckham non solo ha rinunciato ai supersoldi del Paris Saint Germain, alla ricerca di campioni con immagine planetaria, e a quelli un po’ più tristi dei vari emirati che magari possono interessare ai Cannavaro della situazione, ma anche a un ritorno in una Premier League dove nella fascia medio-alta (diciamo Tottenham) di ambizioni avrebbe ancora a 36 anni e passa tantissimi estimatori. Senza contare che una sistemazione inglese gli avrebbe permesso di arrivare ai Giochi di Londra nel modo migliore. Invece no. Beckham può scegliere, visto che aggiungendo all’ingaggio tutto l’indotto e i proventi pubblicitari risulta essere anche nel 2011 più pagato di Messi e Cristiano Ronaldo, Beckham ha scelto.
Al di là della considerazione che gli Stati Uniti abbiano ancora più fascino e più energia positiva della triste ed involuta Europa, quella di Beckham è stata anche una scelta calcistica. Magari presa sull’onda dell’entusiasmo per il campionato 2011, ma comunque principalmente sportiva. Non dimentichiamo che 5 anni fa, quando lasciò il Real Madrid per l’avventura americana, disse che si rendeva conto delle distanze negli Usa fra calcio e altri sport, ma che lui era lì proprio per ridurle. Non è un caso che ben prima dell’approdo ai Galaxy fosse l’unico calciatore della Terra davvero noto fra Los Angeles e New York.
E quindi? Con buona pace di chi crede che il calcio si giochi solo in campo (invece è molto, ma molto, di più), Beckham è tuttora l’icona di questo sport in tutto il pianeta con l’esclusione di qualche paese europeo (tipo il nostro, che preferisce gli ‘uomini di calcio’). I motivi di tutto questo sono molti: dalla rappresentazione di un ideale di fair play molto inglese alla serietà di solito mancante in una popstar, dall’essere stato sempre decisivo nelle sue squadre (che si chiamavano Manchester United e Real Madrid, mentre nel Milan ha giocato troppo poco pur lasciando un gran ricordo umano) al saper essere gregario e campione allo stesso tempo. Sui red carpet ci sono andati anche tanti altri calciatori di bell’aspetto, pieni di tatuaggi e con pettinatura a sorpresa. I suoi detrattori dovrebbero quindi cominciare a chiedersi, adesso che è quasi al capolinea, come mai di Beckham ce ne sia stato uno solo.
Twitter @StefanoOlivari